ROMA E L’EPIDEMIA DEL 1656

In seguito all’ epidemia di Peste del 1656, che scosse in particolare l’Italia del sud, l’Ospedale Fatebenefratelli di Roma fu adibito a Lazzaretto per gli appestati.

L’isola Tiberina, che ancora oggi è occupata quasi per intero dall’ Ospedale ,

permetteva infatti ai medici di prendersi cura di malati altamente contagiosi in uno stato di relativo isolamento.

La peste del 1656 fu molto virulenta. Il tasso di mortalità superò il 50-60% in tutte le zone colpite e nella sola Napoli morirono più di 200.000 persone. A Roma, dove arrivò a causa di un marinaio napoletano, i morti furono quasi 15.000 su una popolazione totale inferiore ai 100.000 abitanti. Sembra che i medici dell’Ospedale di San Giovanni non collegarono il decesso del napoletano, avvenuto presso la loro struttura, alla peste, e quindi non fecero mettere in quarantena la locanda di Trastevere dove aveva alloggiato prima di manifestare i sintomi più gravi.

Solo dieci giorni dopo, con la morte dell’ostessa e di tutti i suoi figli, i medici compresero cosa stava accadendo. Ma era troppo tardi, la peste si era già diffusa a Trastevere e nel Ghetto.
A nulla valsero le misure estreme poste in essere dalle autorità cittadine, quali erigere una barricata di legno intorno a Trastevere e presidiarla con guardie armate che avevano l’ordine di sparare a vista.

L’8 Settembre del 1657 la fine della peste è ufficialmente annunciata

da Papa Alessandro VII che va in visita a Santa Maria del Popolo per il canto del “Te Deum” di ringraziamento.

I morti sono stati 14.473, di cui 11.373 nella città sulla sinistra del Tevere, 1.600 nel Ghetto e 1.500 a Trastevere.